LA CORTE DI ASSISE

    Ha  emesso  la  seguente  ordinanza  nel procedimento a carico di
  Mule'     Giuseppe.        All'inizio    dell'udienza    l'imputato
  personalmente  e  tramite  il difensore ha avanzato la richiesta di
  definizione  del procedimento con le forme del giudizio abbreviato.
      A  seguito di tale richiesta il difensore ha avanzato richiesta
  di   definizione   del  procedimento  con  le  forme  del  giudizio
  abbreviato.      A  seguito  di  tale  richiesta  il  difensore  ha
  sollevato  questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 223
  d.lgs.   n. 51/1998,   cosi'  come  modificato  dall'art. 56  legge
  16 dicembre  1999,  n. 479, in relazione agli articoli 3 e 24 della
  Costituzione,  nella  parte  in  cui  nei giudizi di primo grado in
  corso  alla  data  di  efficacia del decreto, nei quali il giudizio
  abbreviato  non  era  ammesso  per  la  contestazione  di  un reato
  punibile  con  l'ergastolo,  limita  la possibilita' di chiedere il
  giudizio    abbreviato   consentendolo   solo   prima   dell'inizio
  dell'istruzione   dibattimentale.       Il  pubblico  ministero  ha
  chiesto il rigetto dell'eccezione perche' manifestamente infondata.
      Rileva  preliminarmente  la  Corte che l'imputato e' chiamato a
  rispondere  di  una  serie  di  omicidi pluriaggravati punibili, in
  quanto tali, con la pena dell'ergastolo.     La questione sollevata
  dalla  difesa  si  collega alle disposizioni introdotte dalla legge
  16 dicembre  1999,  n. 479  che,  apportando incisive modificazioni
  alla  disciplina anteriormente vigente, ha previsto la possibilita'
  per  i  reati  sanzionabili con le pena dell'ergastolo di accedere,
  innanzi  al  giudice  dell'udienza preliminare, al rito alternativo
  del  giudizio  abbreviato  e  di usufruire, conseguentemente, della
  commessa riduzione della pena, in precedenza preclusa dall'art. 442
  del  c.p.p., dichiarato incostituzionale con sentenza del 23 aprile
  1991,  n. 176,  nella  parte in cui contemplava, al di fuori di una
  corrispondente  previsione  normativa,  la  sostituzione della pena
  dell'ergastolo,  in  caso di condanna, con quella di trenta anni di
  reclusione.      Con la stessa legge e' stato modificato l'art. 223
  del  d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, contenente norme in materia di
  istituzione  del  giudice unico di primo grado, con la soppressione
  del  riferimento  alla  necessita' di acquisizione del consenso del
  pubblico   ministero.  Tale  norma,  costituente  una  disposizione
  transitoria   rispetto  alla  disciplina  del  decreto  legislativo
  n. 51 1998,  consente  per  i  procedimenti  in  corso alla data di
  entrata in vigore del suddetto d.lgs. (2 giugno 1999), l'accesso in
  dibattimento  al  rito  abbreviato, ponendo come condizione che non
  abbia  ancora  avuto  inizio  l'istruzione  dibattimentale.      La
  prospettata  questione  di  legittimita'  costituzionale  non e', a
  parere   della   Corte,   manifestamente  infondata.      Ritenuto,
  infatti,  ammissibile  il  giudizio  abbreviato,  per effetto della
  legge  n. 479/1999,  anche  in presenza di reati puniti con la pena
  dell'ergastolo,  l'attuale  disciplina risulta discriminatoria, per
  violazione  dell'art. 3 della Costituzione, per quegli imputati che
  non   formularono   richiesta   in   udienza   preliminare  per  la
  impossibilita', allora vigente, di avvalersi del rito alternativo e
  che  successivamente,  in  dibattimento,  essendo stata superata la
  fase  temporale  di  proponibilita'  dell'istanza  si  troverebbero
  preclusa  la possibilita' di beneficiare in caso di condanna di una
  cospicua  riduzione  di  pena.      La  norma censurata viola anche
  l'art. 24  della  Costituzione,  limitando  il  diritto di difesa e
  collegando   la  produzione  di  rilevanti  conseguenze  di  ordine
  sanzionatorio  e processuale ad una soglia di ammissibilita' il cui
  superamento  costituisce  un  dato  del tutto casuale estraneo alle
  scelte  delle  parti.      La  questione  e'  rilevante ai fini del
  giudizio in corso per le evidenti conseguenze che deriverebbero sia
  sul  piano  processuale, attesa la radicale trasformazione del rito
  che  verrebbe  a determinarsi, sia sotto il profilo del trattamento
  sanzionatorio in rapporto alla pena che in concreto potrebbe essere
  applicata  nell'ipotesi  in cui il processo dovesse concludersi con
  una pronuncia sfavorevole per l'imputato.